“Del mare la distanza”, un disco assai diverso dal precedente e con collaborazioni aggiuntive. A cinque anni di distanza quali cambiamenti artistici ti riconosci?
“Del mare la distanza” è diverso dal lavoro precedente perché diversa è la storia che abbiamo cercato di raccontare. “Da qui a domani” era una biografia maschile scritta dal punto di vista di una donna; “Del mare la distanza” è un coro di voci femminili con un unico brano in cui l’io narrante è un uomo, e che serve a chiudere il cerchio sulla memoria. Sostanzialmente è sempre il racconto che ispira la melodia, che genera la mediazione dei suoni, quindi musicalmente andiamo sempre dove la narrazione ci porta. Le collaborazioni aggiuntive sono preziose per incorniciare il racconto nel contesto della canzone. Artisticamente non si cambia: possibilmente ci si evolve, si cresce e non si finisce mai d’imparare, non si può.
Con questa pubblicazione credi di concludere un ciclo o di iniziarne uno nuovo?
Non siamo concentrici ma lineari. Non ho mai creduto alla ciclicità delle cose, anzi, sono profondamente convinto che il percorso sia un un’unica, sbilenca, irripetibile linea. Quindi guardo avanti e non mi concedo al “girello”. Ho due progetti appena usciti, “Del mare la distanza” e L’essenza dell’io”, disco allegato al libro “L’irripetibile cercare” di Monica Matticoli appena uscito con Oèdipus Edizioni. Sono concentrato sul presente, soprattutto sul tour, ma so anche che dovremo bissare prima possibile: le idee non mancano, ne riparleremo.
Ti senti vicino a qualche movimento culturale, se non prettamente musicale?
Non sono attratto dal collettivismo a tutti i costi, c’è a mio parere qualcosa di poco genuino nei meccanismi dei movimenti culturali contemporanei. Per fortuna esistono le persone, le individualità, le qualità dei singoli che generano belle collaborazioni: mi accontento di poco.
Riproduzione digitale e in vinile rappresentano un presente impalpabile che si contrappone a un tangibile passato. Il ricorso a entrambe denota l’attuale mancanza di un supporto adeguato?
Non credo. L’industria discografica non può permettersi mancanze o buchi al centro. Anche la rivoluzione digitale è stata incredibilmente veloce. Oggi la tecnologia ci assicura suoni inimmaginabili fino a qualche anno fa: quindi, è solo una questione di scelte.
Continui a cantare versi della poetessa Monica Matticoli componendo melodie inconsuete. Quanto ti senti lontano dai canoni più diffusi?
I versi di Monica Matticoli mi permettono di comporre melodie in assoluta libertà espressiva. Il suo stile narrativo rende possibile tutto questo; mi dà la possibilità di cercare in ogni direzione per trovare la via melodica più funzionale e fruibile. Non c’è niente di inconsueto in quello che faccio e non credo di essere così scollegato, anzi. La distanza è solo una suggestione.
E quanto sei distante dal Miro degli esordi?
Non c’è distanza ma continuità; la stessa che c’è tra l’inizio e la fase intermedia di un percorso. Il tempo non si dilata: scorre.
Intervieni anche sui testi, apportando o proponendo modifiche?
Molto raramente intervengo sulle parole; a volte modifico la struttura metrica del testo in base alle esigenze d’insieme.
Accogli con facilità le indicazioni di chi partecipa al tuo lavoro?
Ascolto tutti. Accolgo indicazioni e consigli, soprattutto se funzionali al tipo di risultato che ho, che abbiamo, in mente.
Massimo Pignatello, Tutto Rock